domenica 3 gennaio 2016

Carol

New York, 1952. Therese Belivet, giovane donna impiegata in un grande magazzino di Manhattan, sogna una vita più gratificante. Ha un pretendente, Richard, che vorrebbe sposarla; ma lei non si decide, come se fosse in attesa di qualcosa. L'evento si materializza quando Carol, una donna più matura, attraente ed elegante, compare al suo reparto, attratta da un trenino elettrico. Basta il pretesto d'un guanto dimenticato, ed ambedue si trovano sedute al medesimo tavolo di un café. Carol ha un coniuge dal quale vuole separarsi ed una bimba che desidera tenere con sé, Therese un possibile fidanzato ed un portfolio da realizzare. L'intesa che s'instaura fra loro si trasforma ben presto in una travolgente passione: per sfuggire il rigido inverno newyorkese e le repressive convenzioni dell'epoca,  si mettono in viaggio verso Ovest, ma vengono individuate e il loro amore non è più un segreto. Negli Usa del tempo, dove l'omosessualità veniva ancora considerata alla stregua di un disturbo sociopatico della personalità, le due donne sfideranno difficoltà e giudizi morali perché i loro non debbano divenire dei cuori in inverno.

Da "Safe" sino a questo ultimo "Carol", passando per il superbo "Lontano dal paradiso", Todd Haynes ha narrato vicende d'emancipazione muliebre, protagoniste casalinghe dei giorni nostri, domestiche degli anni '30 oppure donne altoborghesi dei '50 imprigionate in un intossicante ambiente domestico ma protese a preservare la propria identità, liberandosi di lacci e lacciuoli imposti da crismi sociali forgiati da una società maschiocentrica. Erede di Douglas Sirk, il regista losangelino dona alle proprie opere una dimensione sociopolitica ed una esplicitezza che il primo non poteva permettersi. C'è pure Fassbinder tra le fonti d'ispirazione ("La paura mangia l'anima" è il suo film preferito), però rispetto al cinema suo nelle pellicole di Haynes v'è maggior calore, a volte una ricompensa emotiva raramente presente nei lavori del cineasta di "Querelle". 

 
Come in "Viale del tramonto", citato e fruito in Carol, la vicenda sentimentale assume le forme di un lungo flashback di Therese, facendosi così quasi omaggio al cinema del passato. Quale base c'è un romanzo bellissimo di Patricia Highsmith, "The Price of Salt" (che l'autrice scrisse nel 1948, con toni scopertamente autobiografici), apparso nel 1952 con la cautela di uno pseudonimo, quello di Claire Morgan. Fedele allo spirito della pagina scritta, Haynes conferisce alla storia un tono claustrofobico, isolando le protagoniste dentro al loro amore mentre fuori piove un mondo freddo. Per tutte e due ci sarà da combattere: soprattutto per Carol, marchiata a fuoco dalla lettera scarlatta di madre indegna da una 'clausola morale', obbligata a rinunciare alla custodia della figlia nonché a patire l'umiliazione di controlli medici tesi ad inibire la sua omosessualità. Tutto ciò non impedirà alla coppia di diventare tale, malgrado le differenze di classe e censo ostino pure esse: il bisogno di un luogo lontano dal paradiso, nel quale vi sia posto per ogni tipo di legame, senza razzistiche prevenzioni quando non criptolinciaggi, è troppo forte. Come in "Lontano dal paradiso", a mettere a fuoco la poetica del regista è un gesto semplice: la mano sulla spalla. Quella che lì Cathy appoggiava sulla spalla di Raymond, che qui Carol indugia su quella di Therese: il calore, la solidarietà, la comprensione. Cate Blanchett e Rooney Mara, alla prova della loro carriera, traducono il tutto in piccoli gesti, sguardi, sfioramenti, nella carnale unione dei corpi: sorge quasi il sospetto che, senza la loro dedizione, "Carol" mai si sarebbe potuto realizzare. 
                                                                                                                                     Francesco Troiano

CAROL. REGIA: TODD HAYNES. INTERPRETI: CATE BLANCHETT, ROONEY MARA, KYLE CHANDLER, JAKE LACY. DISTRIBUZIONE: LUCKY RED. DURATA. 118 MINUTI.

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