martedì 29 dicembre 2015

Little sister

Nella cittadina di Kamakura vivono le tre sorelle Sachi, Yoshino e Chika: il padre, tre lustri prima, le ha lasciate per cominciare una nuova convivenza. In occasione del suo funerale, al quale le ragazze si recano esclusivamente per dovere, conoscono la sorellastra adolescente Suzu e decidono d'invitarla ad andare a vivere con loro. La giovinetta accetta volentieri e, qualche giorno dopo, si reca in quella che sarà la sua nuova casa. Per tutte e quattro sarà il principio d'una convivenza gioiosa e "nutriente", dalla quale ciascuna sorella apprenderà molto su di sé grazie alla presenza delle altre.

Tratto dalla graphic novel "Umimachi's Diary" (di cui ha conservato la struttura di fondo, però - con il consenso dell'autore Yoshida Akimi - godendo di variazioni rilevanti), "Little sister" è uno dei film più belli di Hirokazu Kore-eda: membro di una nuova generazione di registi nipponici (con Naomi Kawase, Kiyoshi Kurosawa ed altri), mostra qui di non aver dimenticato la lezione dei maestri del passato, in particolare quella di Ozu. Focalizzando il racconto non solo sulla giovanissima Suzu ma anche sulla più adulta delle sorelle, Sachi, egli ha messo a confronto le origini campestri ed antiche della prima con la maggior disinvoltura di chi è cresciuto in città, senza tuttavia creare - come avveniva, sovente, in Ozu - una contrapposizione tra tradizione e modernità. Pur se Sachi ha una relazione con un uomo sposato, infatti, diviene con successo una sorta di madre sostitutiva per Suzu, come lo era già per le altre.

Contraddistinto da un costante sottotono, fatto di piccoli gesti, di sguardi e di silenzi apparentemente poco significativi, ma resi tali dalla macchina da presa, il film vive della grazia con cui le bravissime attrici rendono i rispettivi personaggi: sotto l'esibito sorriso di Suzu, ad esempio, stanno acquattati risentimenti e dolori che solo un'occasionale ubriacatura rende manifesti; laddove l'apparente rigidità di Sachi trova la propria scaturigine sì nell'abbandono paterno, ma pure nel conflitto irrisolto con la figura materna, verso la quale prova un senso di rifiuto. Il suo scopo, nel proprio lavoro d'infermiera, è di non farsi coinvolgere in eccesso dalle morti dei pazienti, pur senza accettarle come routine professionale; nel privato, diversamente, ella tenta di proteggere le sorelle - e se medesima - dai sentimenti, percepiti alla stregua d'un pericolo in quanto possibile cagione di  instabilità. All'insegna della bellezza dei ciliegi in fiore, il cineasta tesse con maestria il filo di una tenerezza mai celata eppur pudica (si veda la scena del kimono d'estate dato in dono alla sorella acquisita). Tra cinepanettoni e kolossal hollywoodiani, il botteghino non premierà questa deliziosa operina passata in concorso a Cannes: ma è bello sperare che anch'essa trovi un suo pubblico, che i gusti pedestri delle masse consentano ancora l'esistenza di isole di spettatori sensibili e curiosi.

LITTLE SISTER. REGIA: HIROKAZU KORE-EDA. INTERPRETI: HARUHA AYASE, MASAMI NAGASAWA, KAHO SUZU HIROSE, RYO KASE. DISTRIBUZIONE. BIM. DURATA:128 MIN.

mercoledì 9 dicembre 2015

Il ponte delle spie

Brooklyn, 1957. Rudolf Abel, pittore di ritratti e di paesaggi, viene arrestato dall'Fbi, che lo accusa di essere una spia al servizio del KGB. I rituali della democrazia impongono che egli venga processato; della sua difesa, viene incaricato l'avvocato James B.Donovan, specializzato in assicurazioni. Dovrà trattarsi di un processo breve, ma il legale prende assai sul serio il proprio incarico; e, contro tutte le previsioni, riesce a evitare la sedia elettrica al proprio assistito, condannato a trenta anni di prigione. Circondato dall'incomprensione, se non dal disprezzo, dell'opinione pubblica intera e finanche di sua moglie, Donovan mostra di esser stato lungimirante allorquando un aereo U-2 americano è abbattuto su territorio sovietico e il pilota Francis Gary Powers viene incarcerato in Russia. Si profila uno scambio tra i due prigionieri, che proprio il nostro vien chiamato a gestire: dovrà, però, agire da privato cittadino, in quanto il governo statunitense non vuole ufficialmente essere implicato. Tutto sembra andare per il verso giusto, ma le cose si complicano quando l'atipico mediatore apprende che c'è pure uno studente americano, Frederic Pryor, recluso nella zona di Berlino appartenente alla Germania Est. Contro il parere della Cia, che teme venga compromesso il rilascio di Powers, Donovan si batte strenuamente perché anche il giovane compatriota venga rimesso in libertà...

Tre anni dopo "Lincoln", Spielberg torna a firmare una pellicola con questo "Il ponte delle spie", basato in larga misura su dei fatti realmente accaduti: lo scambio di prigionieri di cui sopra (uno tra i più famosi nella politica internazionale del ventesimo secolo), s'è svolto effettivamente presso il ponte di Glienicke, a Potsdam. Appassionato di Storia (basti pensare a "War Horse", o al già citato "Lincoln"), il cineasta dell'Ohio è attento a fornire una ricostruzione attendibile dei fatti, a ricreare l'atmosfera del tempo sin nei più piccoli dettagli (l'isteria da guerra fredda, per dirne una, è resa quasi palpabile). Ma, come di consueto, gli interessa soprattutto il disegno delle psicologie: in particolare, Donovan e Abel vengono presentati come figure speculari ("uomini tutti d'un pezzo", direbbe quest'ultimo), fedeli a se stessi ancor prima che al proprio paese. Si crea stima, rispetto, tra due persone che pure stanno su sponde avverse: e la bellissima sequenza finale, ricca di suspense ed emozioni, lo esplicita con un'evidenza 
e, assieme, un pudore, esemplari.

Se è vero che da "The Terminal" (2004) Spielberg non affronta più la contemporaneità, risulta pure indiscutibile che, in questa sua ultima fatica, i riferimenti all'attualità sono d'evidenza palmare: non ci riferiamo soltanto - o tanto - alle tensioni fra Usa e Russia sulla politica estera, bensì al dibattito tra i sostenitori della sicurezza e i difensori delle libertà civili. Per non parlar del tema, appena accennato, delle torture quale mezzo per ottenere confessioni, che allude con evidenza alla recrudescenza dei fenomeni terroristici. Ciò detto, "Il ponte delle spie" si rifà alla migliore tradizione democratica della cinematografia a stelle e strisce: si pensa al cinema di Stanley Kramer, per fare un nome, a quegli onesti artigiani che avevano, però, idee ben chiare sui principi costituzionali, difesi da onesti liberal. Solido, sobrio, serio, il film non aggiunge magari molto alla filmografia dell'autore: avercene, però, di pellicole così, in un panorama sempre più affollato di sequel, remake, reboot, destinati a platee di teen-ager...
                                                                                                                                     Francesco Troiano

IL PONTE DELLE SPIE. REGIA: STEVEN SPIELBERG. INTERPRETI: TOM HANKS, MARK RYLANCE, AMY RYAN, ALAN ALDA. DISTRIBUZIONE: FOX. DURATA: 141 MINUTI.