lunedì 2 maggio 2016

Al di là delle montagne

Fenyang, 1999. La Cina si avvicina con entusiasmo al XXI° secolo e alla restituzione di Macao, ultima delle colonie portoghesi in Asia. Mentre il Paese si prepara a riprendere la propria sovranità, Tao, una giovane donna del posto, è contesa tra due uomini:  Zhang, proprietario di una stazione di servizio e d'una scintillante macchina rossa, con grandi progetti; e Lianzi, mite e gentile minatore, contento anche solo di starle accanto. Tao si barcamena fino a quando può, tra una corsa in automobile ed un piatto di ravioli al vapore, dipoi è costretta a prendere una decisione: sceglie Zhang e getta nella disperazione Lianzi, che lascia per sempre sia la propria casa sia la città. Tre lustri più tardi, Tao è divorziata e sola: Zhang ha abbandonato lei e Fenyang, conducendo il figlioletto nato dalla loro unione prima a Shangai, successivamente in Australia, ove gli fa frequentare le migliori scuole. Lianzi, che viveva a Pechino con un'altra donna, si è ammalato di cancro e ritorna nel luogo natale. Infine, nel 2025, Dollar (così il cinico Zhang ha voluto chiamare il suo erede), incapace di parlare la madrelingua ed obbligato a comunicare con il padre solo tramite Google Translate, decide di recarsi dalla madre, che non vede dall'età di sette anni; e, in qualche modo, riappropriarsi delle proprie radici...


"Al di là delle montagne", ultima fatica cinematografica di Jia Zhang-ke (già autore, nel 2006, del capo d'opera "Still Life", vincitore del Leone d'Oro a Venezia, e del potente "Il tocco del peccato", premio per la sceneggiatura a Cannes 2013), principia con una sequenza travolgente: mentre i draghi del folklore popolare sfilano nelle strade per festeggiare il capodanno, in discoteca i giovani del luogo ballano sulle note di "Go West" dei Pet Shop Boys. Il tutto, pare quasi la metafora d'una nazione carica d'entusiasmi, che si affaccia al nuovo millennio con un'economia che fila come un treno ed una frenesia per i beni di consumo che dilaga senza argini. Se il cinema precedente del regista, di certo il più dotato della sesta generazione, anticipava l'assorbimento dell'individuo nella struttura capitalista, "Al di là delle montagne" alfine mostra l'avvenuto fenomeno, dispiegandolo lungo un asse temporale che contempla il passato, il presente ed il futuro.




Laddove il gigantismo del cantiere di "Still Life" - straordinario nel muoversi con destrezza funambolica tra documentario e fiction -  portava a conseguenze enormi, qui Jia Zhangke affronta le conseguenze dei mutamenti economici sull'esistenza degli individui, sui loro rapporti amorosi e familiari, sull'identità personale e nazionale. S'affida, per l'occasione, alla forma narrativa del melodramma, ambientandolo ancora una volta a Fenyang, sua città natale e punto d'ancoraggio estetico e sociale del proprio fare cinema. L'arrivo del denaro, il progresso tecnologico, la smania di arricchirsi ad ogni costo si sono già incuneati nel cuore della gente: ne hanno mutato i valori, ne guidano i destini. E' la figura di Zhang la più emblematica del film: il personaggio che, roso dal desiderio di essere qualcuno, perde la patria, l'identità - malgrado si ostini a non imparare l'inglese -  ed ogni possibilità di contatto col figlio. Lianzi lascia sul piatto il lavoro e la salute; Tao continua a far ravioli e a rendere omaggio alla tradizione dopo aver patito il fascino del benessere; Dollar cerca nell'insegnante una criptomamma verso la quale non sa che sentimenti provare. Ricco di soluzioni formali sorprendenti, ad esempio quella d'adoprare tre formati diversi (classico, panoramico e scope) a distinguer le stagioni differenti, "Al di là delle montagne" è di sicuro la pellicola più accessibile del cineasta cinese, ma pure una tra le sue maggiormente intense e riuscite. Parte del merito va alla superba interpretazione di Zhao Tao, compagna e musa del nostro, che resta nella memoria sia nei panni della incontenibile ragazza di provincia entusiasta e curiosa del futuro che l'attende, sia in quelli della donna segnata dagli anni e dalla disillusione. Malinconica, sì, ma tuttavia disposta ad improvvisare qualche passo di danza mentre il suo pensiero corre ad una canzone che, un tempo, le era parsa promessa di felicità.

                                                                                                                                     Francesco Troiano


AL DI LA' DELLE MONTAGNE. REGIA: JIA ZHANG-KE. INTERPRETI: ZHAO TAO, ZHANG YI, LIANG JINGDONG, DONG ZIJIANG, SYLVIA CHANG. DISTRIBUZIONE: BIM. DURATA: 131 MINUTI. 


  


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