martedì 8 marzo 2016

Weekend

Ad un incontro con gli amici di una vita, un venerdì sera in un locale di Nottingham, il trentenne Russell conosce il coetaneo Glen: fisicamente attratti l'uno dall'altro, essi trascorrono la notte insieme. Glen domanda a Russell di parlare di sé al registratore, in cui tiene una specie di archivio su ciascuno dei propri incontri sessuali: vorrebbe ricavarne, in un prossimo futuro, un progetto artistico. Ma quello che aveva l'aria d'esser un mero rapporto occasionale, diviene nello spazio d'un fine settimana qualcosa di più profondo e complesso: i due arrivano a condividere sentimenti, ricordi, paure e desideri, fino a comprendere che, forse, si trovano all'inizio di un'autentica storia d'amore. Le diversità di carattere, il loro differente modo d'intendere e vivere l'omosessualità, tuttavia, sono ostacoli difficili da affrontare: inoltre, Glen è in procinto di partire, il lunedì, per gli Stati Uniti, a seguir un corso che durerà due anni...

Quand'è la prima volta che l'omosessualità si affaccia al cinema in una pellicola mainstream, fuori dal circuito del cinema "off"? Ci pare di poter dire che ciò avvenga con "Festa per il compleanno del caro amico Harold" (1970) di William Friedkin, non a caso una trasposizione dell'omonima commedia off-Broadway di Matt Crowley. Nella sua acuta recensione, all'uscita, Alberto Moravia annota che il lavoro  è riuscito nel primo tempo, allorquando vi è "soltanto la descrizione tragicomica di una condizione umana"; nel secondo, invece, "il tentativo di creare un intreccio e dei personaggi naufraga nello psicologismo e nel sentimentalismo". In sostanza, per paradosso, i caratteri sono credibili fino a quando si comportano da "checche", non lo sono più quando si presentano come persone. Per render verosimili queste ultime, John Schlesinger - nel suo splendido "Domenica maledetta domenica" (1971) - mette in scena il legame fra un medico inglese di mezz'età e un giovane scultore bisessuale espungendone ogni segno di nevrosi, trasformandolo in una forma di rapporto omosessuale con prevalenza del momento contemplativo su quello attivo. Il medico, insomma, si comporta con il suo amante come Socrate con Alcibiade. 

Ci siamo attardati in questa lunga divagazione per poter annotare come, oggi, le coordinate sulle quali dette vicende vengono rappresentate siano completamente variate. Le ultime pellicole sull'argomento ad essere approdate nelle sale si pongono l'obiettivo di attrarre e sensibilizzare un pubblico il più possibile vasto, indifferenziato: basti pensare, quali esempi, all'intrigante e sofisticato "Carol" di Todd Haynes, o al più casareccio e brillante "Io e lei" di Maria Sole Tognazzi. Andrew Haigh (messosi di recente in luce con il suo bellissimo "45 anni"), in questo "Weekend" fa vivere uno spaccato di vita gay in modo esplicito, riproducendo cioè lo stile di vita, la componente sessuale ed il linguaggio propri del mondo omosessuale nella contemporaneità. Quello che ne nasce - come direbbe Scorsese - è una "lezione di vero" che coinvolge e tocca lo spettatore, un melodramma che mai ricorre all'esazione della lacrima. In un certo senso, lo sguardo del regista coincide con quello di Glen: come il suo personaggio, egli tiene il registratore acceso per mettere insieme frammenti di verità, e quelle ansie, abbandoni, imbarazzi, che ci rendono vivi ed umani. Alla fine, pur attraverso contenuti realistici e non idealizzati, quello che ci si presenta è il disegno di un amore nascente che cambia, arricchisce, stimola i due giovani uomini che ne vengono coinvolti. Tom Cullen e Chris New risultano straordinari per aderenza e verità.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

WEEKEND. REGIA: ANDREW HAIGH. INTERPRETI: TOM CULLEN, CHRIS NEW. DISTRIBUZIONE: TEODORA. DURATA: 97 MINUTI.

              

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