martedì 29 aprile 2014

Locke

Ivan Locke percorre, nella notte, l'autostrada verso Londra: è un costruttore di edifici e ha appena lasciato il cantiere di Birmingham nel quale lavora, indefessamente, già da nove anni. All'indomani, dovrebbe gestire una rischiosa colata di calcestruzzo da 350 tonnellate, a casa l'aspettano la moglie ed i due figli, ma egli si sta lasciando tutto alle spalle. C'è una donna ch'è sul punto di partorire, in un ospedale: è il figlio concepito in una fugace notte di sesso, tra l'euforia per un buon risultato lavorativo e, forse, un bicchiere di troppo. Nel corso del tragitto in automobile, egli vede disfarsi tutta la propria esistenza: i capi lo licenziano in tronco, la consorte non accetta giustificazioni ("questa non è più la tua casa, non voglio che torni più"), il sottoposto polacco che deve sostituirlo nel gravoso impegno del giorno dopo teme di non farcela. Minacciato, blandito, insultato, Locke sa una cosa sola: ha preso la propria decisione, intende essere "a decent" man", una persona che - a differenza del padre, da lui detestato pure dopo la morte - non sfugge alle proprie responsabilità.

Al suo secondo lungometraggio, dopo il poco visto "Redemption - Identità nascoste", Steven Knight fa pieno centro: il talento del già sceneggiatore di Frears e Cronenberg si vede con chiarezza, in questo travolgente "Locke". E' un brillante esercizio di scrittura, infatti, a sorregger l'impalcatura della pellicola: facendo coincidere, in un tragitto di circa 90 minuti, il tempo della vicenda e quello della narrazione cinematografica, scegliendo quale unico set l'abitacolo di un lussuoso Suv, il regista ci fa concentrare sugli avvenimenti, scanditi da una serie di telefonate che si susseguono a un ritmo sempre più serrato. Bethan, dall'ospedale londinese, Katrina ed i due figlioli da casa, Gareth, il capo furibondo, e Donal, il riluttante sostituto, rischiano di sprofondare Ivan nel caos, di farlo stramazzare sotto il peso dei loro risentimenti. E' la pazienza sofferta con la quale egli s'impone di restare calmo, di evitare la menzogna, a fare del personaggio una figura etica, pressoché anacronistica in un tempo di rivendicati cinismi.

Tutto ciò potrebbe sembrar pretenziosamente letterario - e la memoria va ad un altro singolare viaggio in macchina su carta, "Wyoming" di Barry Gifford - oppure tediosamente moralistico, se in campo non vi fosse quel dotatissimo professionista che è Steven Knight. Noto ai più per l'interpretazione del feroce Bane ne "Il cavaliere oscuro - Il ritorno", il 36enne attore inglese può finalmente mettersi alla prova in un personaggio di uomo medio, non parossistico né survoltato. Sempre in primo piano, chiamato a dar conto dei mutamenti dell'anima con piccoli scarti d'espressione o lievi sussulti nella voce (vedetelo in lingua originale, qualunque doppiaggio non gli renderà giustizia), il nostro si produce in un assolo che colpisce per padronanza ed economia di mezzi. Frischiano homo faber, il suo Ivan è tra quelle figure che s'imprimono nella memoria dello spettatore per la loro dolorosa coerenza, per il decoro posto come imperativo categorico, per una diversità ch'è andar controcorrente senza anelar patenti di martirtio. Opera minimalista, girata in due sole settimane e a basso costo, "Locke" è un esempio di come si possa fare cinema di qualità con il solo, cospicuo budget delle idee.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

LOCKE. REGIA: STEVEN KNIGHT. INTERPRETI: TOM HARDY, OLIVIA COLMAN, RUTH WILSON. DISTRIBUZIONE: GOOD FILMS. DURATA: 85 MINUTI.

Nessun commento:

Posta un commento