martedì 4 marzo 2014

Allacciate le cinture

Elena - la magnifica Kasia Smutniak - fa la cameriera in un bar ed è fidanzata con Giorgio, benestante e fascinoso; Antonio - convincente, Francesco Arca - sta invece con Silvia, la migliore amica di Elena; ha fatto casualmente conoscenza con quest'ultima sotto la pensilina d'un autobus, dove in parecchi s'erano rifugiati per difendersi dalla pioggia. Un incontro burrascoso: nessuna presentazione, solo un battibecco ringhioso come, a volte, ne avvengono tra persone agli antipodi. Eh sì, perché tanto Elena è sensibile, civile, aperta, quanto Antonio è chiuso, omofobo, razzista: hanno tutto, insomma, per detestarsi. Invece, improvvisa, scoppia l'attrazione: ch'è dapprincipio gioco di sguardi e di dita, uno sfiorarsi che è quasi annusarsi, un prendere le misure delle proprie emozioni; poi muta in passione, laddove ella scopre che lui è dislessico e fragile, sotto la mascheratura d'un machismo non si sa quanto di facciata. Si amano e, alla fine, si sposano. Tredici anni e due figli dopo, molte son le cose cambiate: Elena è proprietaria d'un bar alla moda assieme ad un ragazzo gay, Fabio, che è il suo amico del cuore; Antonio ha per amante Maricla, una esuberante coiffeuse napoletana a cui non fa difetto la grinta. In questo rapporto oramai stanco, logorato, s'affaccia un evento imprevisto: Elena è ammalata di cancro...

Decimo lungometraggio di Ferzan Ozpetek, "Allacciate le cinture" è un'ulteriore tappa del suo viaggio fra le intermittenze del cuore. Abbandonando momentaneamente il registro leggero e ilare degli ultimi - e riusciti - lungometraggi, "Mine vaganti" (2010) e "Magnifica presenza" (2012), qui il cineasta turco ritorna ai toni dolenti d'una delle sue opere migliori, "Saturno contro" (2007). Il tema, stavolta, è quello dell'imprevedibilità dei sentimenti, dei corpi che parlano un linguaggio specifico e ci spingono verso scelte lontane da dove la cultura, i gusti, l'educazione, parrebbero doverci indirizzare. Lo spazio che separa Elena da Antonio è chiarito immediatamente nella scena  - un poco troppo programmatica, in
verità, e recitata non benissimo - della pensilina. La prima parte del film, dedicata a mostrarci il percorso misterioso dell'attrazione, le vie che essa percorre per condurci al coinvolgimento totale, è la più intensa della pellicola, e culmina nella scena della fuga d'amore dei due protagonisti.

Dipoi, l'irruzione repentina della malattia conferisce una virata drammatica non sempre padroneggiata a dovere dal regista: pur se il personaggio di Egle (l'eccellente Paola Minaccioni), una terminale a mezza via fra il buffonesco e lo spiritato, è ben disegnato, e la scena dell'amore fisico tra Antonio ed una Elena devastata dalla malattia toccante, l'andamento si fa meno convincente. Ad esempio, il silenzioso rifiuto di Antonio, che non riesce ad accettare la malattia della moglie, quasi fosse lei ad averne la colpa, non è spiegato a sufficienza; alcuni caratteri - si veda la madre di Elena, Anna, legata alla problematica Viviana - restano troppo sullo sfondo; la parentesi onirica del film - in cui Elena evoca il possibile futuro di coloro che ama - stona decisamente con tutto il resto. Soltanto il finale, che apre alla speranza con un geniale ritorno al passato (od al futuro?), conferisce un colpo d'ala alla narrazione: al di là del dolore, della desolazione che può attanagliarci all'improvviso, vi è la felicità come ricordo, o speranza, da far vivere perché ci faccia vivere. E sperare che, presto o tardi, torni il momento in cui le si possa slacciare, le cinture.

ALLACCIATE LE CINTURE. REGIA: FERZAN OZPETEK. INTERPRETI: KASIA SMUTNIAK, FRANCESCO ARCA, FILIPPO SCICCHITANO, CAROLINA CRESCENTINI, CARLA SIGNORIS, ELENA SOFIA RICCI, PAOLA MINACCIONI, FRANCESCO SCIANNA.
DISTRIBUZIONE: 01. DURATA: 110 MINUTI.

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