martedì 4 settembre 2012

E' stato il figlio

Abitano nella periferia di Palermo, i Ciraulo. Nicola, il capofamiglia, s'ingegna di mantenere una famiglia composta da sei persone rivendendo il ferro vecchio delle navi in disarmo. A sconvolgere quella che tutto sommato è un'esistenza tranquilla, giunge la morte della figlioletta Serenella, colpita
da un proiettile vagante da regolamento di conti.  La disperazione è grande, ma si cheta quando giunge la notizia che lo stato riconosce un risarcimento alle vittime di mafia. Avendo ottenuto la promessa di 220 milioni di lire, i Ciraulo si danno a spese incontrollate e s'indebitano con tutti, fino a dover fare ricorso ad un usuraio. Quando infine il denaro giunge, quasi due terzi della somma sono già stati sperperati: con il rimanente, Nicola decide di acquistare una scintillante berlina Mercedes di grossa cilindrata, simbolo di ricchezza destinato a cagionare rispetto, se non venerazione, nel loro quartiere...

Di fronte a film potenti e scardinanti, totalmente fuori da qualsivoglia criterio di gusto o di forma espressiva correnti, quali "Lo zio di Brooklyn" (1995) e "Totò che visse due volte" (1998), sorgeva spontanea la domanda: quali strade potrebbero prendere Ciprì e Maresco, qualora i due decidessero di affrontare un cinema più banalmente narrativo? Scioltosi da qualche anno il sodalizio, giunge ora il primo lungometraggio diretto in solitudine da Daniele Ciprì a fornir risposta - quantomeno parziale - al quesito. Partendo dal romanzo di Roberto Alajmo (Mondadori), il cineasta palermitano sceglie di perseguire coerentemente un'opzione antirealistica, nell'andamento del racconto come nella scelta dei volti: i numi tutelari di codesto cinema restano Buñuel e Pasolini, a livello figurativo i riferimenti paiono ancora una volta essere Ribera e Caravaggio.

"E' stato il figlio" riprende, pure, la tradizione di certa caliginosa commedia italiana, da "I mostri" (1963) a "Brutti, sporchi e cattivi" (1976), contaminandola con dritte del trash indigeno anni '70: quel che manca del tutto, in tale esplosiva miscela, è la strizzata d'occhio alla platea.
Vi è, invece, un sentimento cinico della vita "che guarda senza consolazioni di nessun tipo alla miseria dell'uomo, una volta crollate le sue ambizioni di elevazione, di nascondimento e di superamento dell'organico" (Fofi): un pessimismo che va oltre ogni correzione apportata dalla volontà, in un clima  per paradosso religioso ove la morte di Dio sembra cagionare un dolore invincibile.

La vicenda dei Ciraulo, che principia in commedia e si chiude su toni tragici pur se paradossali, scardina ogni luogo comune sulla povertà "buona": come i mendicanti di "Viridiana" (1961), i Ciraulo sono resi crudeli dalla Storia e dal potere, che li ha tenuti volutamente e colpevolmente nell'ignoranza.
La modernità, poi (la vicenda verrebbe collocata da un semiologo nei primi anni '80), ha condannato i nostri ad un nuovo morbo: la sostituzione dei bisogni con i desideri, ciò che li induce ad impantanarsi e poi dibattersi come insetti finiti nel miele. Dal rito della giornata al mare dei diseredati alla scarrozzata  sulla macchina di lusso dei "nuovi ricchi", corre la sventura dei Ciraulo - e il genocidio compiuto sugli umili tramite il consumismo da classi dirigenti sciagurate, criminogene.

Per portare a termine il suo complesso progetto, Ciprì si è servito di contributi tecnici di prim'ordine. Quanto al cast, strepitoso in toto, è capitanato da un Servillo in stato di grazia, proprio il "cannavazzo" che voleva il regista. Citazione d'obbligo, in chiusura, per Alfredo Castro, lo straordinario attore di "Tony Manero" (2008): nei panni di Busu, il signore trasandato che racconta la storia all'interno di un ufficio postale, fa un numero d'alta classe e prepara allo scioglimento a sorpresa del film.
                                                                                                                               Francesco Troiano

E' STATO IL FIGLIO. REGIA: DANIELE CIPRI'. INTERPRETI: TONI SERVILLO, LOREDANA CIRAULO, ALFREDO CASTRO, FABRIZIO FALCO, AURORA QUATTROCCHI. DURATA: 90 MINUTI. DISTRIBUZIONE: FANDANGO

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