giovedì 24 gennaio 2013

Lincoln

Sul grande schermo, sino ad oggi la figura del sedicesimo presidente degli Stati Uniti era legata in modo indissolubile alla bella raffigurazione che ne fornì Henry Fonda in "Alba di gloria" (1939). Diretto da John Ford, il film possiede grandi meriti (si pensi solo alla sequenza della traversata a dorso di mulo), ma è "un ritratto mitico più che una biografia" (Lourcelles) del suo protagonista. Così non accade nell'attesissimo "Lincoln" di Steven Spielberg, che restituisce il cineasta dell'Ohio alla sua forma migliore, dopo il mezzo passo falso di "War Horse". In due ore e mezza di durata che vanno via in un lampo, il film si sofferma sugli ultimi mesi di vita del personaggio - sino alla di lui morte, avvenuta in teatro per mano d'un attore antiabolizionista, il 15 aprile del 1865 - impegnato nella battaglia per far varare il Tredicesimo Emendamento alla Costituzione dal Congresso, che aboliva dopo 250 anni la schiavitù nel paese: l'ampia visione dello statista dovette, nell'occasione, andar di pari passo con le doti del politico, aduso a confrontarsi con una platea di deputati sovente mossi da ben miseri interessi.

Basandosi sull'ottimo libro di Doris Kearns Goodwin "Team of Rivals", il drammaturgo Tony Kushner - premio Pulitzer per "Angels of America" e già al fianco di Spielberg per "Munich" - ha licenziato una sceneggiatura impeccabile, condensando in pochi convulsi giorni il senso di un'avventura umana oltre che politica; Spielberg, in mirabile sintonia, ha confermato il proprio magistero innervando di riferimenti storici e biografici il succedersi delle immagini. Se la guerra di Secessione americana in celluloide la conosciamo soprattutto "attraverso il romanticismo sudista tutto crinoline e dispetti amorosi di 'Via col vento' " (N.Aspesi), bastano al regista i pochi secondi di guerra cruenta del prologo per rovesciare l'immagine; e altrettanto eloquente è la visita del Presidente sul campo di battaglia a scontro conclusosi, tra cadaveri impilati e distruzione onnipresente. Ma c'è spazio, anche, per pagine di classica bellezza: su tutte, la sequenza iniziale in cui due soldati di colore raccontano a Lincoln delle ingiustizie patite dalla loro gente finanche nell'atrocità bellica, dei privilegi riservati ai bianchi. Qui, Daniel Day Lewis dà già l'idea di quella che sarà la sua maiuscola interpretazione, tesa a rendere in ogni sfumatura la malinconia di fondo d'un uomo risoluto se necessario, capace di fondere in ossimoro intransigenza idealistica e naturale bonomia.

Cos'altro? Il lavoro del direttore della fotografia, Janusz Kaminski, che ha girato praticamente a lume di candela, ci fa venire in mente quello di John Alcott per il "Barry Lyndon"(1975) di Kubrick, termine di paragone che ritenevamo ineguagliabile. Nei ruoli secondari tutti vibrano all'unisono: menzione speciale per Tommy Lee Jones, impagabile nei panni del radicale repubblicano che finisce per accettare la poco amata diplomazia di Lincoln, in ossequio al risultato da ottenere. Lezione scritta coi mezzi della settima arte ai politicanti, improvvisati o attenti a volger ogni cosa a proprio vantaggio, "Lincoln" coniuga lo spettacolo all'arte ai massimi livelli: è, questo, il cinema che amiamo, che sempre ameremo.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

LINCOLN. REGIA: STEVEN SPIELBERG. INTERPRETI: DANIEL DAY-LEWIS, SALLY FIELD, TOMMY LEE JONES, JOSEPH GORDON-LEVITT. DISTRIBUZIONE: FOX. DURATA: 150 MINUTI.

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