giovedì 8 novembre 2012

Venuto al mondo

Ancora tormentata dalle immagini della guerra, Gemma decide di recarsi a Sarajevo, col figlio Pietro, per vedere una mostra in memoria delle vittime dell'assedio, su invito dell'amico poeta Gojko. Nella capitale bosniaca ospitante i Giochi Olimpici Invernali del 1984, era stato lui a presentarle Diego, squattrinato fotografo da subito divenuto l'amore della sua vita. Altre figure sono, a quell'epoca,  importanti nella vita della donna: ad esempio Aska, una ragazza musulmana musicista e ribelle; o Sebina, la sorellina di Gojko. L'amore per Diego, pur grande, non riesce a colmare in Gemma il dolore per la propria sterilità. Rivelatasi impercorribile la via dell'adozione, ella accetta di servirsi dell'utero di Aska per avere un bimbo: a tal scopo, getta Diego fra le braccia di quest'ultima, salvo
poi venir assediata dalla gelosia e dai sensi di colpa. Ma nella città che ancora porta visibili i segni delle distruzioni, l'attende ora una verità imprevedibile, destinata a sconvolgerle l'esistenza...

Quarto lungometraggio diretto da Sergio Castellitto, come il fortunato "Non ti muovere" (2004) tratto da un romanzo di sua moglie Margaret Mazzantini, "Venuto al mondo" ha impostazione assai simile al predecessore: confezione e cast pensati per un mercato più ampio di quello indigeno, struttura da melodramma all'antica, scioglimento coinvolgente. E' un modo di far cinema per certo non nuovo o rivoluzionario, tuttavia di sicura presa e, probabilmente, dotato d'un proprio pubblico.
Il problema, con Castellitto, è però sempre lo stesso: il nostro s'innamora dei personaggi, non prende alcuna distanza emotiva da loro, spinge il pedale sino ad una forzosa esazione della lacrima. Nella fattispecie, poi, la situazione è estremamente delicata: siamo nel territorio del romance ai tempi delle bombe, un genere che ha prodotto sovente - si pensi al bellissimo "Un anno vissuto pericolosamente" (1982) di Peter Weir od all'intenso "Sotto tiro" (1983) di Roger Spottiswoode - pellicole di vaglia. Solo che qui, Sarajevo, è mero sfondo su cui collocare la vicenda: la Storia e la storia entrano in rotta di collisione soltanto nella scena madre, in modi discutibili e - soprattutto - a fini discutibili.

Ci spieghiamo meglio. Non detto, il tema del film è quello di varie opere recenti: la maternità veduta quale condizione fondamentale e imprescindibile per la donna. Un argomento nell'aria: lo si trova, in termini di commedia, nel recentissimo "Tutti i santi giorni" di Paolo Virzì; oppure, virato al dramma, nello splendido "Thy Womb" di Brillante Mendoza (in concorso all'ultima edizione di Venezia), dove la protagonista accetta una nuova moglie per il marito, purché giunga il figlio che lei non è stata capace di darle. Quest'ultima frase l'abbiamo usata volutamente. In "Venuto al mondo", Gemma sacrifica senza colpo ferire il suo sentimento per Diego, la dignità dell'altrui corpo oltre che quella personale, il futuro proprio e del compagno: il tutto, in difesa di ciò che il cattolicesimo più retrivo definirebbe "l'amore più grande". Non albergano dubbi, nelle immagini: persino un orrendo stupro etnico è presentato alla stregua d'una ferita in qualche modo sanabile, a fronte di una vita che deve nascere. La recitazione di tutti s'adegua al disegno registico, trovando - prevedibilmente - in Penelope Cruz un'interprete adeguata e sensibile; tuttavia troppe volte survoltata, enfatica. Giusto come il film.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

VENUTO AL MONDO. REGIA: SERGIO CASTELLITTO. INTERPRETI: PENELOPE CRUZ, EMILE HIRSCH, ADNAN HASKOVIC, LUCA DE FILIPPO, SERGIO CASTELLITTO. DISTRIBUZIONE: MEDUSA. DURATA: 132 MINUTI.


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