martedì 16 agosto 2016

Escobar

Il surfista canadese Nick raggiunge il fratello in Colombia: alla ricerca dell'onda perfetta, nel sogno di vivere sulla spiaggia, in una sorta di prospettiva edenica. Lì incontra Maria, della quale s'innamora a prima vista. Due fratelli del posto, tuttavia, creano loro dei problemi, per nulla gradendo l'idea che dei canadesi s'installino nel loro bosco. E' in seguito a ciò che Nick fa la conoscenza dello zio di Maria, e lo  mette a conoscenza dell'antipatica situazione nella quale si trova: carismatico e venerato dal suo popolo, Pablo Escobar risolve i problemi del suo paese come quelli della propria famiglia. Il giorno dopo, gli aggressivi fratelli piantagrane vengono ritrovati appesi a testa in giù, carbonizzati. Sì, perché Escobar, sotto l'aria di benefattore e uomo del popolo, nasconde una natura ferocemente criminale: è così che, per Nick, il paradisiaco scenario si trasforma pian piano in quello d'uno spaventevole incubo...

"Ho costruito una carriera sulla droga. Sono stato un tossicodipendente, uno spacciatore, un agente che dava la caccia agli spacciatori. Secondo me, dipende dal taglio dei miei occhi". Scherza, Benicio Del Toro sul fatto che, appena in un film c'è di mezzo il narcotraffico, Hollywood lo chiami. Così, non deve essersi meravigliato quando Andrea Di Stefano - attore italiano dalla carriera internazionale,  al suo debutto dietro la macchina da presa - gli ha proposto la parte di Pablo Escobar, potentissimo trafficante colombiano fondatore del cartello di Medellin, che nel 1982 controllava il 90% del mercato della droga e negli anni '90 - morì nel '93 - vantava un patrimonio di 30 miliardi di dollari. Pur essendo uno spietato gangster, Escobar - egolatra e paranoide al massimo grado - desiderava essere amato dalle folle, che sapeva manipolare e illudere come pochi con promesse di benessere. Una personalità complessa, che il neoregista nostrano non ha voluto mettere al centro di un classico biopic. 

Ispirata alla storia vera di un ragazzo bolognese finito alla corte dell'intrigante personaggio, la vicenda è narrata con intuizioni notevoli e finezza di annotazioni psicologiche. Non ci riferiamo tanto al rapporto con Dio del protagonista (nel cinema noir, i grandi malavitosi che ordiscono massacri e bacian la croce sono molti); piuttosto, a tratti gentili del suo animo, dal cantar struggenti canzoni d'amore alla consorte fino al leggere le fiabe ai figlioli. Una figura tanto articolata non avrebbe potuto viver sullo schermo senza la impressionante mediazione di Benicio Del Toro. Calandosi, questa volta, nei panni di un individuo diametralmente opposto al Che Guevara già reso con maestria, l'attore colpisce per le sue capacità d'immedesimazione, soprattutto laddove sembra suggerire che Escobar sia ingannatore finanche di se stesso. Eroe negativo nel senso shakespeariano del termine (di quelli che tanto interessavano ad Orson Welles), il nostro è comunque ritratto senza indugiare all'eventuale fascino del male. Qui siamo lontani, per intenderci, dal barocco e tonitruante "Scarface" di De Palma; ed il colloquio con un prete, prima di avviarsi in prigione, squaderna solo lo stato mentale alterato di un uomo sprezzante di ogni regola. 
                                                                                                                                     Francesco Troiano

ESCOBAR. REGIA: ANDREA DI STEFANO. INTERPRETI: BENICIO DEL TORO, JOSH HUTCHERSON. DISTRIBUZIONE: GOOD FILMS. DURATA: 120 MINUTI. 

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