mercoledì 12 novembre 2014

Due giorni, una notte

Reduce da un periodo di severa depressione, che ne ha comportato il momentaneo allontanamento dal posto, al ritorno Sandra scopre sulla propria pelle come per il lavoratore "sospeso" il rientro in azienda non sia tra le cose più facili del mondo. Nella fattispecie, il titolare ritiene che la sua presenza non sia più indispensabile (sotto traccia, scorre la convinzione discriminatoria che la persona già "depressa" non sia in grado di assolvere come prima ai propri compiti): ella potrà evitare il licenziamento, tuttavia, qualora riesca a convincere i colleghi a rinunciare al bonus loro promesso; se rimarrà, essi perderanno il diritto all'emolumento aggiuntivo. Tentata dal ricadere nella morsa depressiva, Sandra trova prezioso sostegno in suo marito Manu, che la ama e combatte affinché non si arrenda: è sua l'idea di andare a trovare uno ad uno coloro che hanno votato per allontanarla, e tentare di far loro cambiare idea, esponendo le proprie motivazioni...

Le tematiche di "Due giorni, una notte" sono centrali nel cinema dei fratelli Dardenne: già per l'esordio nel lungometraggio, "La promesse" (1996), l'argomento era il lavoro clandestino; la fatica successiva,  l'indimenticabile"Rosetta" (1999), era il ritratto d'una ragazza in lotta per mantenere la madre alcolizzata e pagare l'affitto della roulotte ove vive. In realtà, ai due registi belgi interessano le contraddizioni di un capitalismo rapace e fuori controllo, che azzanna le esistenze degli individui incurante di qualunque conseguenza. Ciò che risulta di particolare interesse in questa loro ultima opera è l'aver puntato il faro sulla guerra fra poveri che corre sotterranea in tutta la vicenda: Sandra ha le migliori ragioni del mondo per difendere la propria posizione, ma pure per taluni colleghi i 1.000 euro sono manna per risolvere, o tamponare, situazioni finanziarie difficili se non disastrate.

Ecco, la grandezza dei Dardenne sta nell'evitare, appunto, ogni manicheismo. La rappresentazione che viene data del conflitto è assai sfumata, ci si sforza di comprendere il punto di vista di tutti, avendo presente che il vero problema risiede altrove: nell'assenza di una reazione collettiva, d'una forma di lotta che abbia le proprie radici nell'ormai smarrito concetto di solidarietà. Non a caso, l'azienda scelta è una di piccole dimensioni, nella quale i dipendenti non sono tanto numerosi da poter contare su di una rappresentanza sindacale. Presentato con successo a Cannes, il film trova un ulteriore punto di forza nel testo asciutto, in una mise-en-scène rigorosa e senza fronzoli: nessuno, nemmeno lo spettatore, esce indenne da una visione che genera un senso d'incolmabile angoscia. E se lo scioglimento pare essere più che in passato aperto alla speranza, ciò suona come un omaggio all'ottimismo della volontà e promana dall'espressione di una Marion Cotillard maiuscola, capace di esprimere al meglio patimenti e dignità del suo complesso personaggio.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

DUE GIORNI, UNA NOTTE. REGIA: JEAN-PIERRE E LUC DARDENNE. INTERPRETI: MARION COTILLARD, FABRIZIO RONGIONE, OLIVIER GOURMET. DISTRIBUZIONE: BIM. DURATA: 95 MINUTI.

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