lunedì 11 novembre 2013

L'ultima ruota del carro

Ernesto, figlio di un tappezziere romano, inizia a lavorare insieme al padre ma, ben presto, a causa di divergenze caratteriali, sceglie di mettersi in proprio con un'agenzia di trasporti: a faticare insieme a lui, chiama l'amico Giacinto. E' proprio quest'ultimo che, sganciatosi dal lavoro e messosi al servizio d'un socialista rampante, vuole coinvolgere il nostro nella sua nuova, più agiata esistenza. La moglie Angela lo esorta alla prudenza e, solo per buona sorte, lui evita di restar coinvolto nel crac della società con cui aveva preso a collaborare, ed il carcere toccato a Giacinto. Onesto per vocazione, tifoso della Roma, padre affettuoso, Ernesto continua il suo viaggio nell'Italia del tempo sempre serbando i propri valori, tra rare soddisfazioni (l'amicizia con un grande pittore) e qualche traversia (un cancro diagnosticatogli erroneamente, la sfortunata perdita del biglietto vincente a una lotteria) sino ai giorni nostri.

E' un biopic di tipo particolare, "L'ultima ruota del carro" (che ha aperto, fra calorosi applausi, l'ottava edizione del Festival cinematografico di Roma). Stavolta non è una vita celebre, infatti, al centro della narrazione, bensì un'esistenza qualunque: quella di Ernesto Fioretti, oggi 64enne, romano doc, autista dopo aver fatto il tappezziere, il cuoco d'asilo, il traslocatore. Trasfigurato assai poco nella vicenda cinematografica, il personaggio si trova ad attraversar un trentennio di storia del paese, tra fatti sociali di  rilievo: dall'ascesa e caduta dei socialisti all'avventura berlusconiana, transitando per eventi a volte drammatici (l'assassinio di Moro, il lancio delle monetine a Craxi) a volte gioiosi (la vittoria della Nazionale ai Mondiali di calcio nell'82).

Saturo forse di commedie generazionali e manuali d'amore, il toscano Giovanni Veronesi azzarda qui l'opera sua più ambiziosa: è evidente, ad esempio, che lui ed i suoi sceneggiatori - Ugo Chiti, Filippo Bologna, Ernesto Fioretti - abbiano avuto in mente dei modelli importanti, su tutti "Una vita difficile" (1961) di Dino Risi e "C'eravamo tanto amati" (1974) di Ettore Scola. Rigorosamente, tuttavia, dalla parte e con gli occhi degli ultimi: ciò si traduce in un'assenza totale di sguardo ideologico che, se è coerente con l'assunto, rischia di far scivolare il tutto sul piano inclinato del cinismo qualunquista. La spia all'operazione la fa Ricky Memphis nel ruolo di Giacinto, pressoché equivalente al Franco Fabrizi di "Una vita difficile": ma lì si prendeva un attore specializzato in ruoli di figure sordide, quantomeno ambigue; qui si è, di contro, scelto un interprete di irresistibile simpatia, nei confronti del quale il giudizio dello spettatore risulterà comunque indulgente, a scorno di quanto egli commetta. Fatta la doverosa obiezione, nei limiti d'uno spettacolo popolare il film funziona: certo, il racconto a volte affastella un poco confusamente i fatti, alcuni personaggi - ad esempio, l'intrallazzatore in grisaglia reso con cattiveria da Sergio Rubini - spariscono troppo repentinamente; ma, alla fine, il nerbo narrativo c'è.

Buona parte del merito, diciamolo subito, va alla formidabile prova di Elio Germano, con sempre più autorevolezza il miglior attore della propria generazione: qui, il suo sguardo talvolta stupito e talaltra sospettoso, mai privo d'un bagliore d'ingenuità, illumina ogni momento, dando il meglio nelle scene assieme all'amico maestro della pittura (una caratterizzazione commovente di Alessandro Haber, tra i maggiori incompresi del nostro cinema). Potente, poi,  Massimo Wertmuller nei panni del padre di Ernesto ed assai brava Alessandra Mastronardi, finalmente sottrattasi al giogo delle pellicole di consumo. Ecco, ciò che di più consolante viene da "L'ultima ruota del carro" è la certezza che, qualora la cinematografia indigena desiderasse risorgere dalle proprie ceneri per tentar di tornare ai suoi momenti migliori, forze e contributi di certo non mancherebbero.

L'ULTIMA RUOTA DEL CARRO. REGIA: GIOVANNI VERONESI. INTERPRETI: ELIO GERMANO, ALESSANDRA MASTRONARDI, RICKY MEMPHIS, ALESSANDRO HABER, SERGIO RUBINI, MASSIMO WERTMULLER. DISTRIBUZIONE: WARNER. DURATA: 113 MINUTI.

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