martedì 26 novembre 2013

Don Jon

Jon Martello - nomen omen - ama la pornografia e la masturbazione. Intendiamoci, non che non gli piaccia, andare pure a donne: rimorchia con tale facilità una ragazza a week-end, da essersi beccato dagli amici il nomignolo sfottente e mozartiano di Don Giovanni. E' metodico, il nostro: abitazione, macchina coatta, taglio dei capelli, tutto sempre a posto. Anche quando fa sesso a due, si produce in performance corrette, ma che lo lasciano insoddisfatto: un sex addicted scontento, insomma, che nel mero vizio solitario trova una sorta di equilibrio. Destinato però, quest'ultimo, ad andare in frantumi quando egli s'imbatte in Barbara Sugarman (finanche nei nomi, non si difetta in ironia), una ragazza bellissima ed estremamente volitiva. All'uso selvaggio del Pc, Jon non ci rinuncia: sino ad entrare in rotta di collisione con il soggetto - così crede, il nostro - dei propri sogni. Nel frattempo, avendo egli cominciato a frequentare un corso serale di recupero, si è imbattuto in una donna più grande di lui in lacrime: dopo qualche imbarazzo, i due si conoscono meglio e per Jon si schiude un altro mondo...

Classe 1981, losangelino, Joseph Gordon-Levitt esordisce alla regia con un film indipendente che lo mostra cineasta originale e brillante. Anche da attore, del resto, da un po' le andava azzeccando tutte: ricordatelo nel superlativo "Mysterious Skin" (2004) di Gregg Araki, per darci ragione; ma anche in altri titoli, dalla romantic comedy "500 giorni insieme" (2009) ch'egli tinge di memorabile malinconia allo spiazzante "Hesher è stato qui" (2012), ove è la carta in più della narrazione. Insomma, non è tipo da cose banali, Gordon-Levitt: e lo dimostra qui, azzardando sopra ad una tematica a rischio quale è la sessodipendenza. Il tono, malgrado certe sfumature drammatiche, resta lieve e pungente: diciamo similare a quello scelto da Chuck Palahniuk per uno dei suoi più bei romanzi, "Soffocare", che sul medesimo argomento è incentrato.

Quel che qui più sorprende, in ogni caso, sono certe finezze di montaggio e di scrittura. La comicità, ad esempio, non nasce - come ci si aspetterebbe - dal rimpallo delle battute, ma dalla vivacità di certe situazioni: ed il gioco metacinematografico dei divi di film inventati che va a vedere al cinema - dei camei deliziosi di Anne Hathaway, Channing Tatum e Cuba Gooding jr. - è tanto semplice quanto efficace. Intriga, pure, che per spiegare la scaturigine delle sue ossessioni bastino i pranzi domenicali con la famiglia d'origine (da confrontare con quelli, d'italianità assai più tradizionale, veduti ne "La febbre del sabato sera"): l'economia del racconto ne guadagna, senza che ciò vada mai a scapito della comprensibilità o della chiarezza. Sono atipiche, certe sottolineature, per il cinema statunitense: ad esempio, il mettere su un piano paritetico l'ossessione per la pornografia di Jon e quella pel principe azzurro di Barbara è parecchio coraggioso, anche perchè dal comportamento della ragazza alla fine della corsa emerge senza infingimenti il fantasma del matriarcato. Ma infine, in questa opera prima che ci è tanto piaciuta, è il tono a fare la canzone: perfino nel finale, che sembra un happy ending ma non lo è, quanto meno nel senso classico. Due persone, par dirci il regista, s'incontrano, si attraggono e si danno quanto possono darsi; poi, probabilmente, ciascuno riprenderà il proprio cammino. Ma, c'è da aggiungere, ciascuno lasciando all'altro qualcosa che prima non possedeva: ed è il massimo che si possa domandare, a degli esseri umani.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

DON JON. REGIA: JOSEPH GORDON-LEVITT. INTERPRETI: JOSEPH GORDON-LEVITT, SCARLETT JOHANSSON, JULIANNE MOORE, TONY DANZA. DISTRIBUZIONE: GOOD FILMS. DURATA: 90 MINUTI.


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