giovedì 18 ottobre 2012

Io e te

Quattordicenne e introverso, Lorenzo si trova a disagio con i propri coetanei. Approfittando della settimana bianca a scuola, egli si chiude in cantina per una sorta di vacanza forzata. Approvvigionatosi di generi commestibili e di libri horror, s'appresta a vivere in completo isolamento, quando non annunciata si presenta - in cerca di oggetti che le appartengono - la sorellastra Olivia. E', costei, una ragazza di 25 anni inquieta e problematica, con ambizioni artistiche e una dipendenza dall'eroina che la rende fragile. La convivenza in uno spazio così angusto si fa da subito assai difficile: ma, alla fine, i due scoprono le proprie affinità e, su tutto, trovano l'uno nell'altra lo stimolo a crescere e il motivo per farlo.

Pochi cineasti al mondo sono capaci di estrarre mirabilie dal kammerspiel quanto Bernardo Bertolucci: basti pensare allo stupendo uso degli spazi in funzione narrativa de "L'assedio" (1999), e finanche di "Ultimo tango a Parigi" (1972). Quanto agli adolescenti, egli li dirige in modo da cavarne il massimo, come "The Dreamers" (2003) s'incaricava di dimostrare senza possibilità di smentita. E' nato, quindi, sotto i migliori auspici questo ritorno all'attività registica del nostro, dopo quasi un decennio di silenzio: la scaturigine è un bel romanzo breve di Niccolò Ammaniti, rispettato nelle sue linee principali con solo una significativa divergenza nel finale, qui aperto, quasi lieto (sulle note della "Space Oddity" di Bowie, prima citata pure nella versione nostrana con testo di Mogol, "Ragazzo solo, ragazza sola").

Applauditissimo all'ultima edizione del Festival di Cannes, dove è passato fuori concorso, "Io e te" è una completa riuscita, un piccolo capolavoro e - ad avviso di chi scrive - la migliore pellicola indigena dell'annata. Il modo in cui l'ingranaggio solipsistico di Lorenzo muta pian piano in viaggio iniziatico a due è descritto da Bertolucci con finissime intuizioni psicologiche e grande delicatezza di tocco. Claustrofilo e dolcemente malinconico, "Io e te" è un poemetto sulla scoperta della necessità dell'altro, sul valore della solidarietà concessa, sulla gioia della commozione provata: novello Arthur Gordon Pym (il personaggio di Poe che s'infilava nella stiva d'una nave per trascorrervi tutto il tempo del viaggio), Lorenzo "scopre" la sorella e, attraverso di lei, si scopre.

E veniamo ad Olivia, il personaggio più bello del film (ed uno tra i femminili più intensi del cinema nostrano tout court). Questa spaventata guerriera, sospesa fra disperazione e spavalderia, rabbiosa nei confronti della seconda moglie del padre e incerta nel sentimento verso il fratellastro, evolve col dolore, in un percorso di crescita quasi impercettibile. Il luogo dell'incontro/scontro, la cantina rigurgitante di memorie e ciarabattole (neppure il passato del paese manca, si veda la testa mussoliniana di Renato Bertelli), passa anch'essa senza parere da camicia di Nesso per un duo d'inconciliabili a luogo elettivo per un affetto da scoprire - o da riscoprire. Resa lode al magistero del cineasta parmense, si dovrà dire che merito speciale va dato al brufoloso Jacopo Olmo Antinori, un Lorenzo toccante e credibile, e ancor più a Tea Leoni, superba semiesordiente che incarna Olivia diteggiando su una tastiera d'emozioni vasta quanto l'infinito.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

IO E TE. REGIA: BERNARDO BERTOLUCCI. INTERPRETI: JACOPO OLMO ANTINORI, TEA FALCO, SONIA BERGAMASCO. DISTRIBUZIONE: MEDUSA. DURATA: 97 MINUTI.

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