martedì 18 settembre 2012

Il rosso e il blu

In una scuola superiore di Roma, la vita si svolge regolare, quasi monotona, animata solo dalle diversità umane e professionali. Nel corpo docente, si va dalla disillusione che sfiora il cinismo dell'anziano professore d'arte Fiorito all'entusiasmo del giovane supplente di lettere Prezioso, che manda subito a memoria i nomi degli allievi per stabilire un rapporto d'amicizia con loro. Ad ogni cosa sovrintende la preside Giuliana che spaccia per rigore la paura dei sentimenti, simulando un'anaffettività ed una non oblatività che l'allievo Brugnoli - abbandonato dalla madre, purtuttavia non perduto - svela nella loro inconsistenza. Infine quanti siedono sui banchi, la ragazza che si sente già parte del mondo degli adulti, quella che patisce l'indifferenza della famiglia, il ragazzo rumeno che eccelle nello studio ma ha le sue fragilità...

"Niente periferie estreme, nessuna terra di frontiera, niente di facilmente tematizzato. La scuola, nel mio film, c'è con le sue inadeguatezze e le sue disfunzioni, ma l'attenzione è tutta per le persone, adulti e ragazzi, ognuno a suo modo alle prese con una scelta". C'è, in questa dichiarazione d'intenti, la chiave per intendere come Piccioni si è accostato a "Il rosso e il blu": partendo dall'omonimo libro di Marco Lodoli (Einaudi), ha evitato l'approccio sfaccettato e obliquo del bellissimo "La classe" (2008) di Cantet come pure il grottesco modulato de "La scuola" (1995) di Luchetti. Egli ha preso, di contro, la strada della commedia: la più azzardosa, perché esposta al rischio del macchiettismo e dei luoghi comuni, in una parola della banalità elevata a metodo. Se l'è cavata molto bene, invece, il cineasta marchigiano: al suo undicesimo lungometraggio, ha azzeccato uno dei propri esiti più convincenti, forse il migliore accanto a "Fuori dal mondo" (1999).

Scritto dal nostro assieme a Francesca Manieri e allo stesso Lodoli (la mano di quest'ultimo si sente, eccome), il soggetto calibra bene l'attenzione al disegno dei caratteri quanto la loro collocazione nello sfondo. I personaggi risultano alla fine ben delineati (merito pure degli interpreti, Herlitzka strepitoso, Scamarcio diligente, la Buy tutta mezze tinte), per niente banali (la studentessa Mordini, struggente e criptica: Silvia D'Amico le dà corpo con convinzione), dentro una prospettiva corale che s'illumina nella bizzarria di alcuni episodi (l'affettuoso stalking da parte di un'antica allieva di cui è vittima, non senza compiacimento, Fiorito). La scuola, minata dal disinteresse delle istituzioni, lasciata ad un degrado che si traduce nella mancanza dei più elementari mezzi (fotocopie a pagamento dopo un certo numero: e non è, di sicuro, il peggio), mantiene qui l'importanza che essa si trova a rivestire in una società sana.

Al di là di talune approssimazioni e sfasature, de "Il rosso e il blu" piace assai l'appello alla volontà, al coraggio necessari per andar avanti malgrado le difficoltà: l'attenzione, la pazienza, l'ascolto risultano fondamentali nel non darsi per vinti, nel non cedere alla tentazione della rinuncia. "Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi", per dirla con Brecht: quando il supplente Prezioso è offeso con villania da un ricco arrogante durante l'ora di ricevimento dei genitori, ci si rende conto della validità dell'assioma. E di quanto il paese debba ai tanti come lui che, in situazioni anche più difficili, tengono botta, grazie a cose che si chiamano rispetto, dignità, amore per il proprio lavoro.
                                                                                                                                    Francesco Troiano

IL ROSSO E IL BLU. REGIA: GIUSEPPE PICCIONI. INTErPRETI: MARGHERITA BUY, RICCARDO SCAMARCIO, ROBERTO HERLITZKA. DISTRIBUZIONE: TEODORA. DURATA: 98 MINUTI.

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