mercoledì 2 aprile 2014

Nymphomaniac

Uscito a far la spesa in una nevosa notte invernale, l'anziano ed affascinante scapolo Seligman s'imbatte in una donna, svenuta per le percosse ed abbandonata in un torvo vicolo: la porta a casa, la mette a letto e la rifocilla, chiedendole cosa le sia accaduto. Qui prende il via il racconto di Joe, che s'autoproclama ninfomane ed inizia ad esporgli la propria vicenda: dalle prime curiosità sessuali di bimba sino al giorno della deflorazione (3 penetrazioni davanti, 5 di dietro: è la sequenza di Fibonacci, commenta Seligman), dalla gara con un'amica a chi fa sesso con più sconosciuti in treno all'amore per un giovane, che sembra consegnarla alla frigidità...

Capitolo conclusivo della cosiddetta "trilogia della depressione", principiata con "Antichrist" (2009) e proseguita con "Melancholia" (2011), "Nymphomaniac" - che arriva nel nostro paese diviso in 2 parti, in una versione soft di 4 ore complessive: quella hard, che dura circa 90 minuti di più, uscirà in seguito - è una sorta di catalogo di temi del cineasta danese o, se preferite, una sistemazione pressoché definitiva delle sue ossessioni. Nella seconda parte, a Joe toccherà di entrare in cura da una specie di sadico professionale, che sa come legarla e picchiarla; giungerà poi al cospetto d'un sinistro individuo che gestisce un business di riscossione criminale dei debiti; verrà contesa da due enormi negri nudi, e via patendo. Una deviazione che rasenta la ninfomania, Von Trier l'aveva già rappresentata ne "Le onde del destino" (1996) e una scena di sesso non simulata c'erà già in "Idioti" (1998, nella versione italiana fatta sparire dall'ineffabile censura): si ricordano pure dichiarazioni dell'epoca in cui egli sosteneva che il cinema porno, pur essendo il peggio realizzato del mondo, era tuttavia il più visto.

E' bene premettere che "Nymphomaniac" conferma, in qualche modo, la sua lettura della sessualità femminile come colpa e morte. Di nuovo qui c'è, semmai, la sempre più evidente ginofobia del nostro, che lo spinge ad identificarsi con il personaggio muliebre in maniera da chetarla e - in qualche modo - oggettivarla. Più che una moderna Sherazade, Joe pare qui una persona impegnata in un'angosciosa e lunga seduta analitica, alle prese con un terapeuta che ora si fa peculiare demiurgo ora filosofeggia con una certa misura d'ironia (si sprecano le citazioni, da Bach a Poe). Quanto ai riferimenti letterari, siamo nei territori di Sade e Bataille, pure se la narrazione della crescita di Joe non può propriamente dirsi un romanzo di formazione, né un trattatello d'immoralismo: piuttosto, il dipanarsi di una nevrosi, magari figliata dal dolore d'un lutto. Film assai più "morale" di quanto si possa immaginare, perturbante nel senso freudiano del termine, "Nymphomaniac" è trasfigurato da momenti di lacerante intensità - lo straordinario monologo di Uma Thurman, coniuge tradita; la dipartita atroce di Christian Bale, padre alcolista - e percorso da una tensione emotiva che, screziata di grottesco, illumina l'intera vicenda.

NYMPHOMANIAC I/II. REGIA: LARS VON TRIER. INTERPRETI: CHARLOTTE GAINSBOURG, STACY MARTIN, STELLAN SKARSGARD, SHIA LaBOUF, WILLEM DAFOE. DISTRIBUZIONE: GOOD FILM. DURATA: 118' + 127'.

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