mercoledì 5 aprile 2017

L'altro volto della speranza

Khaled, rifugiato siriano scampato agli orrori di una guerra che ha sterminato quasi per intero la sua famiglia, giunge a Helsinki con l'intento di domandare asilo politico seguendo il regolare e legale iter burocratico; per, successivamente, mettersi alla ricerca - con l'appoggio delle autorità - della sorella Miriam, alla quale non è riuscito di passare il confine. Quando però il permesso di rimanere gli viene rifiutato, scappa e trova rifugio nel cortile di un piccolo ristorante (sito in uno sperduto quartiere della città), che è stato appena acquistato da tale Wikstrom. Costui, già rappresentante di camicie, ha lasciato moglie e lavoro per cambiare vita. Alla guida di un surreale, improbabile team di sala, la piccola brigata - alla quale anche Khaled  si è aggiunto - cerca di portar un po' di clientela a "La Pinta Dorada", magari trasformandola in un locale alla moda dove si serve sushi...

Orso d'argento per la regia all'ultima edizione del Festival di Berlino, "L'altro volto della speranza" è il pannello centrale del trittico "del porto", iniziato con "Miracolo a Le Havre" (2011) e destinato a concludersi con una "commedia felice". Il cinema di Kaurismaki, tanto poco prolifico quanto amato da una ristretta cerchia di aficionados, col tempo ha subito delle variazioni. Nei film del suo primo periodo, ogni tentazione poetica veniva ricondotta a terra da una società incombente sui destini di tutti: un mondo privo di luce che trovava conforto od annullamento nell'alcol, attraversato da ingiustizie sociali e contraddistinto da improvvise esplosioni di violenza. Dipoi, pur nel rispetto di una poetica di filiazione marxista, il nostro dà vita ad un processo di sublimazione della materia narrativa: quasi priva di dialoghi e di eventi clamorosi (e con un senso dell'assurdo tuttavia mai enfatizzato), ci viene sciorinata sotto agli occhi una realtà che pare al tempo medesimo vicina e lontana, quotidiana e surreale, disperata e tenera.

E' in questa seconda fase che il cineasta finlandese licenzia gli esiti più alti: "L'uomo senza passato" (2002), favola dolce e poetica che Aki - autore pure della sceneggiatura - trasforma in una travolgente riflessione sull'opportunità delle persone di "rinascere" a fronte delle violenze della società; "Le luci della sera"(2006), sconsolato ritratto di matrice chapliniana su un perdente deciso a non dar via la propria dignità di uomo, dato che solo quella gli resta; il già citato "Miracolo a Le Havre", in cui - evitando pacchiane bellurie estetiche - fa trionfare per una volta il sogno sulla disperazione. E' su quest'ultima scia tematica che si pone pure "L'altro volto della speranza": tra canzoni country e blues, sfila davanti alla cinepresa un'umanità bizzarra ed emarginata, per la quale la solidarietà è prassi prima ancora che valore. Con il consueto, magistrale uso del colore, in bilico tra surreale ed iperreale, il regista ci illustra l'Europa degli egoismi diffusi, descritta con la sua ironia stralunata, percorsa dalla sua morale eccentrica. Sequenze come l'incontro fra Khaled e Miriam, all'insegna di una commozione rattenuta dal pudore, o l'indimenticabile finale agrodolce che non vi sveliamo, dicono di una maestria registica che ha pochi eguali.

                                                                                                                                     Francesco Troiano

L'ALTRO VOLTO DELLA SPERANZA. REGIA: AKI KAURISMAKI. INTERPRETI: SHERWAN HAJI, SAKARI KUOSMANEN. DISTRIBUZIONE: CINEMA. DURATA: 108 MINUTI.

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