giovedì 9 gennaio 2014

Il capitale umano

Un cameriere da catering, mentre ritorna a casa a notte fonda con la sua bicicletta, viene schiacciato da un Suv, proveniente dalla direzione opposta: chi guida lo lascia lì, agonizzante, senza soccorrerlo. L'incidente fa incrociare le vite di due famiglie diversamente collocate nella scala sociale brianzola, gli Ossola ed i Bernaschi. Dino Ossola è un immobiliarista che smania per entrare nel numero delle persone che contano, però lo fa in maniera velleitaria e cialtrona; è legato a Roberta, psicologa ed incinta, innamorata del proprio compagno ma solidamente coi piedi per terra. Giovanni Bernaschi è un broker di successo, al quale piace vincer tutte le sfide e che non si fa troppi scrupoli per riuscirci; sua moglie Carla è una creatura ricca ed infelice, che cerca di riempire le proprie giornate prive di senso con il mecenatismo culturale e le attività benefiche. Infine Serena Ossola e Massimiliano Bernaschi, rampolli delle rispettive famiglie: la prima è sensibile ed in cerca di rapporti umani veri, il secondo viziato e inconcludente.

"Mi sono accostato alla Brianza ghiacciata come Ang Lee all'America in 'Tempesta di ghiaccio', con lo spirito d'un esploratore in un luogo esotico. Ho pensato a 'Fargo' dei Coen, a 'Il falò delle vanità', ma anche alla Treviso di 'Signore & signori' di Germi. Ho scelto un territorio dove il riverbero dell'economia sulla vita delle persone è più significativo". Aveva intenti assai ambiziosi, Paolo Virzì, nell'adattare per lo schermo il romanzo di Stephen Amidon "Il capitale umano", trasferendone dal Connecticut ad Ornate Brianza l'ambientazione. Voleva parlare di molti ed attualissimi argomenti che riguardano l'Italia: "l'ispirazione alla ricchezza facile, i conflitti generazionali in questa epoca particolare, il valore in denaro di una vita umana, il prezzo pagato dai più giovani e i più poveri". Gli è riuscito tutto a meraviglia: al punto che questo suo undicesimo lungometraggio può dirsi, per certo, il più riuscito nella sua carriera, frutto d'una piena maturità d'autore.

Spenti i toni della commedia, il cineasta livornese si cala con le armi dello psicologo - meglio, dello speleologo - sociale nel ventre d'una certa borghesia lombarda pigliando delle note pungenti, con un'amarezza di fondo che non gli conoscevamo. Se si escludono un paio di secondarie scivolate (una macchiettistica riunione di esperti teatrali, lo scioglimento magari un tantino elusivo), il film viene padroneggiato con maestria su qualsivoglia registro, compreso quello dell'ironia cattiva (l'irresistibile scena di erotismo presunto, davanti ad un vecchio film di Carmelo Bene, tra Carla ed un professorino di storia del teatro). Ne esce il ritratto d'un paese alla deriva, costretto fra inconcludenza e rapacità, percorso da personaggi sciagurati od inattendibili: ed ogni cosa vi suona veritiera, reale, attendibile. E' doveroso aggiungere che "Il capitale umano" è tra i (pochi) titoli che dimostrano la ricchezza e validità del nostro parco attori: spesa una parola di lode per gli esordi di Guglielmo Pinelli (Massimiliano) e Matilde Gioli (Serena), diremo che nei panni di Giovanni Bernaschi eccelle Fabrizio Gifuni, supponente e cinico quanto il ruolo richiede, laddove Valeria Bruni Tedeschi (la consorte) trova il giusto mix di partecipazione e distacco nel suo ritratto di donna inutile; il Dino Ossola di Fabrizio Bentivoglio è calibrato sulla misura d'un individuo patetico nella sua smargiasseria, mentre con Roberta azzecca il tema d'una misurata umanità la sempre duttile Valeria Golino. Per noi, il miglior esito italiano, sino ad ora, della stagione.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

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