lunedì 31 dicembre 2012

La migliore offerta

Colto, solitario, Virgil Oldman esercita con speciale cura, con zelo maniacale la propria professione di antiquario: nella sua vita metodica, asettica, le emozioni paiono non aver posto alcuno. Fino a che, nel giorno del suo sessantaquattresimo compleanno, egli riceve la chiamata di una ragazza che lo incarica d'occuparsi della dismissione d'alcune opere d'arte di famiglia. Con vari pretesti, ella rifiuta di palesarsi sia all'appuntamento per il primo sopralluogo, sia nella fase d'inventario dei pezzi, e nelle successive di trasporto e restauro. Più volte tentato di chiamarsi fuori da una vicenda diventata solamente un fastidio, Virgil viene ogni volta dissuaso dalle preghiere della giovane donna, che gli dice di soffrire d'acrofobia. Pian piano, le ossessioni di Claire - questo il nome della misteriosa cliente - finiscono per avvilupparlo, assumendo le forme d'una passione senile, tanto intensa quanto proporzionata all'interminabile silenzio amoroso che ne è stato pronubo. Seguendo i consigli del suo unico amico Robert, un abile restauratore di congegni meccanici d'epoca, Virgil cerca di orientarsi nei meandri a lui ignoti dell'animo femminile...

Sia che egli percorra i sentieri della memoria ("Nuovo Cinema Paradiso" e "Baaria": a pensarci, gli esiti suoi più alti), sia che si avventuri nel cinema d'autore di taglio "europeo"(per far solo un esempio, "La sconosciuta"), Tornatore riconferma la propria "spiccata padronanza del mezzo espressivo, la naturale potenza visiva nella concezione e nella composizione della scena" (P. D'Agostini). I risultati, tuttavia, sovente lasciano a desiderare (i titoli più convincenti li abbiamo citati; vi aggiungeremmo l'esordio de "Il camorrista", incursione nella cinematografia di genere survoltata, sanguigna quanto stilisticamente barocca): qui in particolare, con "La migliore offerta", il cineasta di Bagheria torna a un terreno quanto mai accidentato e scivoloso, quello della metafora in forma di racconto, che già ha dimostrato di non saper padroneggiare appieno in "Una pura formalità". A detta pellicola, la recente è accomunata dalla estrema levigatezza formale che a momenti si fa accademia, da una gentilezza del tocco che asciuga le emozioni: alla fine, il rarefare conduce a incappar in uno scioglimento che ha il sapore d'un infortunio.

La prima parte del film, d'attesa e preparazione, possiede a momenti la suggestione figliata da un sentor di soprannaturale (vengono in mente, in letteratura, l'Arpino di "Anima persa" o il Milani di "Fantasma d'amore", entrambi portati sullo schermo da Dino Risi, con ben altra pregnanza): dipoi, mano a mano che le spiegazioni divengono necessarie, che si rende obbligatorio dare corpo alle ombre, "La migliore offerta" si sfarina, sfiorisce. "Giallo senza moventi, dramma senza pathos, thriller senza suspense": il giudizio implacabile di Goffredo Fofi proprio su "Una pura formalità" s'attaglia, purtroppo, in eguale misura a quest'ultima fatica del nostro.
                                                                                                                                     Francesco Troiano

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